ATTERRIAMOLI!

GIORNATA DELLE LOTTE CONTADINE
ore 20,30 NELLA BARACCA AUTOGESTITA
VIA MARZOLO 3 A PADOVA
ASSEMBLEA PUBBLICA CONTRO GLI ESPROPRI

 

MARTEDI’ 17 APRILE GIORNATA DELLE LOTTE CONTADINE

Treni ad Alta Velocità che smembrano vallate, città commerciali che divorano il territorio e le comunità che lo vivono, beni essenziali da privatizzare ad ogni costo, impianti industriali che portano tumori in cambio di crescita nociva, terre demaniali svenduti a privati e pronte a nuove cementificazioni ma anche le lotte manifeste ed a volte invisibili, di massa o quotidiane che a tutto questo in vario modo resistono.

Cosa accomuna questi fenomeni? Dove trovare un interesse comune che ci faccia lottare insieme per essere più forti?
Ne discutiamo nella Baracca Occupata Martedì 17 Aprile, giornata internazionale delle lotte contadine. Giornata quest’anno dedicata al fenomeno del Land grabbing, una gigantesca corsa per l’accaparramento di milioni di ettari di terra sparsi per il globo, finora gestiti seguendo logiche comunitarie, ora oggetto di privatizzazioni ed espropri eseguiti da grandi aziende multinazionali. Fenomeno che sta stravolgendo gli stili di vita di intere comunità e gli equilibri naturali in cui sono inseriti, espropriandoli della loro ricchezza e condannandoli a migrare e perdere se stessi.

Perché? Perché riconosciamo in questi eventi apparentemente lontani le stesse logiche di problemi a noi vicini. Perché laddove va il denaro finiscono i nostri valori, le possibilità di gestire insieme una vita libera, rispettosa dell’ambiente che ci circonda e della storia che ci precede. Perché dove va la merce siamo ridotti a consumatori costretti a basare la propria esistenza sullo sfruttamento proprio e degli altri. Perché tutto questo decide della nostra vita: del cibo che mangiamo, dell’acqua che beviamo, dell’aria che respiriamo e dei luoghi in cui ci muoviamo. E di questo vogliamo decidere. Insieme.

  • Per discutere e riflettere
  • Per condividere le esperienze
  • Per coordinare le lotte
  • Per pianificare appuntamenti ed iniziative comuni

ASSEMBLEA PUBBLICA CONTRO GLI ESPROPRI

Saranno presenti diverse realtà di lotta, inoltre si farà un collegamento con una compagna in Honduras per aggiornamenti sulle lotte contadine

CHE LA TERRA TORNI A DARE CIBO E NON DENARO!

locandinapdf

7 MAGGIO 1972-2012 – SIAMO TUTTE SOVVERSIVE

Il 7 maggio prossimo ricorrerà il 40° anniversario della scomparsa di Franco Serantini:

«studente/lavoratore di origine sarda, anarchico, Franco è morto nel 1972 nel carcere Don Bosco di Pisa per le percosse ricevute dalla polizia mentre partecipava ad una manifestazione antifascista».

La vicenda di Franco Serantini ha segnato profondamente tutta la città di Pisa e la storia di tutto il paese. Negli anni molte manifestazioni e iniziative, intraprese a livello locale e non solo, hanno tenuto viva la memoria di Franco e con essa le sue idee.

Dopo la morte, gli amici e i compagni di Franco, insieme a gran parte della città, lo hanno voluto ricordare apponendo una targa sull’edificio ex collegio Pietro Thouar, dove aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita, e ponendo nell’attigua piazza un monumento di marmo. Da quel momento per tutte le persone legate a Franco, e per tanti pisani in generale, Piazza San Silvestro è diventata di fatto Piazza Serantini.

Sabato 5 maggio saremo in quella piazza ancora una volta, per raccontare la storia di un ragazzo ucciso due volte, prima dalla violenza e poi dall’ingiustizia delle istituzioni. Una storia che si mantiene tragicamente attuale anche alla luce di fatti che se pur diversi nelle modalità si mantengono simili nella sostanza.
Proprio perché non ci basta ricordare abbiamo deciso di dedicare la tavola rotonda che si terrà il 5 maggio “Omicidi di stato, abusi di potere e repressione in Italia: i casi Serantini, Giuliani e Mastrogiovanni”, alla repressione e alla violenza dello stato odierna in risposta alle manifestazioni di dissenso politico.
Per non dimenticare e per continuare a lottare per le proprie libere idee, sabato 5 maggio daremo voce alla storia di Franco e a molteplici storie di quotidiana repressione.

L’iniziativa comprenderà oltre alla tavola rotonda diverse attività , alcune delle quali si terranno nei giorni precedenti, il programma definitivo sarà reso disponibile a breve.

continua a leggere e scarica il comunicato stampa

L’operaio e il servitore

Le bugie hanno le gambe corte e il naso lungo.

Ma quando ci sono di mezzo i quattrini,

i massmedia si vendono al miglior offerente,

e il falso diventa vero …

… il forte diventa debole …

… il sopruso diventa diritto …

Marco Bruno è su tutte le Tv.

E’ il “cattivo ragazzo” che dà della “pecorella” al poliziotto armato fino ai denti e con maschera antigas indosso.
Chi è Marco? E’ un padre di famiglia di un magnifico bimbo di 2 anni, un lavoratore che non si risparmia e un no tav valsusino da sempre.
Martedì al posto di mangiarsi un panino nella pausa pranzo è corso insieme a tanti a Chianocco per tentare di resistere al migliaio e più di forze dell’ordine che sgomberavano l’autostrada.

La rabbia è tanta ma Marco non perde la testa, non fa gesti inconsulti, scarica solo verso chi in quel momento sta calpestando per l’ennesima volta la dignità di una popolazione, invadendo in modo violento la Valle dove Marco è nato e cresciuto.
E’ un attimo, le Tv riprendono e la vittima diventa il poliziotto armato e a volto coperto e il carnefice il manifestante a volto scoperto e disarmato.
Che i meccanismi dei media siano perversi già lo sapevamo, ma non riusciamo ancora ad abituarci a tali livelli di mistificazione e manipolazione.

L’unico spezzone trasmesso è quello della sacrosanta rabbia, poi però Marco parla per dieci minuti con l’uomo armato in modo tranquillo e pacato, fino a quando lo saluta poiché deve tornare a lavoro (a stomaco vuoto) dicendogli “…comunque vi voglio bene lo stesso”. Questo però nessuna Tv l’ha fatto vedere.

Cosi finisce Marco la sua “violenta protesta”, “vi voglio bene lo stesso”.
Credo che non ci siano altri commenti da fare, specie dopo la violenza di questa sera compiuta dagli uomini in divisa.
Che ognuno risponda alla propria coscienza.

Marco mentre viene portato via dalla polizia mentre applica resistenza passiva in autostrada

 

Comitato no tav spinta dal basso.

http://www.spintadalbass.org/

Takuma

Verona: presidio contro Casapound

Né Pound né Barbarani

Il fascismo non è poesia

Giovedì 23 febbraio p.v. alle ore 21 nel Palazzo Da Lisca in
piazza Isolo Blocco studentesco renderà omaggio alla poesia
di Berto Barbarani. Lo farà con la partecipazione di un poeta
dialettale veronese e dell’assessore all’edilizia pubblica, ai
rapporti con i veronesi nel mondo, al turismo sociale e alle pari
opportunità Vittorio Di Dio, non si sa in quale veste.
Per la ghiotta occasione i muri dell’università sono stati
tappezzati di manifesti che pubblicizzano l’incontro con in bella
vista il nome dell’assessore del Comune di Verona.
Non sono una novità le affissioni a tappeto di Casa Pound e Blocco
Studentesco che prive di qualunque autorizzazione, stazionano per
settimane senza alcun intervento di rimozione. Immaginiamo che
l’assessore Di Dio si farà carico personalmente del pagamento delle
multe che fioccheranno sui firmatari dei manifesti o forse come per
tutte le ordinanze, i regolamenti e i divieti dell’epoca Tosi vige
un principio di grande discrezionalità.
Discrezionalità che ha caratterizzato anche la concessione della
sala del palazzo Da Lisca: negata ai facinorosi di “Naturalmente
Verona” perché priva dei requisiti di sicurezza per gli incontri
pubblici ma concessa senza problemi ai teneri ragazzotti del
Blocco. Casa Pound e Blocco Studentesco godono del resto a
Verona di grande tolleranza e dichiarati sostegni. Dall’indegna
pagliacciata dentro l’università con sventolio di orrendi
bandieroni neri dello scorso dicembre alle strette di mano tra il
suddetto assessore e la prima fila dei novelli squadristi fuori
dall’università lunedì mattina, le complicità sono evidenti.
Il deserto che è oggi piazza Isolo rende difficile immaginare
quello che è stata: un centro vivo nel quartiere di Veronetta con
la stazione delle corriere, il mercato della frutta e del pesce,
i bar e poi nei locali forzatamente abbandonati in vista di uno
dei tanti dissennati progetti di “riqualificazione”, la nascita
di esperienze politiche e sociali, il rifugio di migranti e senza
casa, la rete di solidarietà e accoglienza che intorno a loro si era creata.
La piazza e i dintorni sono dunque un luogo fortemente simbolico
che, fermo restando che i vecchi e i nuovi fascisti devono rimanere
a fare le loro iniziative nelle proprie sedi, non va insozzato con
certe inquietanti presenze.

Gli/le antifascisti/e veronesi provvederanno quindi, giovedì 23
febbraio, a ripulire il quartiere da tutti i manifesti fascisti
e leghisti, tra l’altro abusivi. L’appuntamento è alle 19
all’università.
Si recheranno quindi in piazza Isolo dove, dalle 20 in poi,
parteciperanno ad una veglia-presidio-reading per l’estinzione
del fascismo, vecchio, nuovo, sociale che sia.

Promemoria – Per non dimenticare la storia di piazza Isolo
Nel 1998, in piazza Isolo, sotto la pensilina della stazione degli
autobus che adesso non c’è più, oltre alla libreria di Giorgio
Bertani, c’erano gli uffici della Brec Viaggi, occupati dal
Kollettivo Porcospino nella primavera di quell’anno e diventati
il c.s.o.a. Isola, e il circolo anarchico “La Pecora Nera”. Fuori,
sotto i portici, vivevano una quindicina di migranti, europei
dell’est e maghrebini, con cui gli occupanti dell’Isola avevano
fatto amicizia, dando loro la possibilità di dormire al copertio e
di utilizzare i servizi igienici. Una situazione durata pochi mesi,
nonostante l’interessamento di Bertani, allora consigliere in prima
circoscrizione, e la presenza della Ronda della Carità.
In maggio l’amministrazione comunale, sindaca Sironi e numerosi
assessori nazionalalleati, sgombera il centro sociale e fa murare
gli ingressi. I migranti tornano fuori, esposti alle ripetute
aggressioni di elementi appartenenti all’estrema destra e agli
interventi della polizia municipale e dell’Amia che sequestrano
loro le coperte e lavano con l’acqua il pavimento del portico (su
questi episodi ci fu un’interrogazione parlamentare di Tiziana
Valpiana). Nel frattempo l’emergenza “igienica” allarma l’opinione
pubblica più dell’emergenza freddo e solo l’operato di Bertani,
aiutato dai ragazzi del Porkospino e dalla Ronda, limita i danni.
Nell’inverno 1998-1999 il circolo “La Pecora Nera” decide di
aprire i propri locali per ospitare i senzatetto. In primavera
i senzatetto tornano a dormire all’aperto. Nella notte tra il 16
e il 17 aprile 1999 una decina di camerati appartenenti a gruppi
diversi dell’estrema destra locale, muniti di ombrelli e bastoni,
effettuano un raid punitivo contro i senzatetto, ferendone uno in
modo grave. Saranno poi fermati grazie alle testimonianze di alcuni passanti.
Intanto si ha notizia del progetto relativo alla costruzione di un
parcheggio sotto piazza Isolo con l’abbattimento della pensilina.
Il circolo anarchico “La Pecora Nera” riceve la notifica di
sgombero. Nell’autunno del 1999 gli anarchici lasciano i locali,
poi sigillati dai vigili urbani.
Torna l’inverno, gli ingressi vengono riaperti e i migranti
tornano nei locali sotto la pensilina. Ci resteranno, tra alterne
vicende e minacce di sgombero, fino all’estate del 2000. Inutili
le pressioni di Giorgio Bertani, che sollecita in circoscrizione
la realizzazione di un’uscita di sicurezza, mentre l’imprenditore
Paolo Favale, che dall’autunno del 1999 garantisce una sostanziosa
colazione a quanti la richiedano, promette di aprire un centro di
prima accoglienza in borgo Roma, cui si opporranno strenuamente
Alleanza nazionale e Lega Nord, con l’attuale sindaco di Verona in
testa. In settembre lo sgombero sembra imminente ma la notte del
14 un incendio divampa nei sotterranei e “Cezarro”, l’immigrato
polacco Cesar Karaboskji o Karwoskji perde la vita.

Antifascisti Veronesi

News dal Peru’

10 febbraio 2012: Migliaia di contadini andini provenienti da varie comunità della sierra peruviana, dopo 10 giorni di cammino arrivano a Lima, la grande capitale sul Pacifico. Protestano contro le concessioni da parte dello Stato alle grandi multinazionali estrattive (soprattutto miniere e petrolifere) sul loro territorio.
Una nuova colonizzazione o forse il proseguimento di quella che dura da cinquecento anni. Il 20% del territorio nazionale, pari a 3 milioni di ettari, principalmente sulle Ande, è infatti venduto alle imprese che si dedicano all’estrazione di minerali (oro, argento, uranio, zinco e altri).
Il matrimonio tra Stato e Capitale si fa sempre più stretto, lucrando sulle vite e sulla salute di milioni di persone, come al solito, contadini e abitanti di zone rurali. Nel 2009 una protesta contro la svendita del territorio paralizza immense regioni della foresta per quasi due mesi e il 5 giugno viene repressa con il fuoco nella zona di Bagua.

Migliaia di manifestanti rispondono a testa alta e le vittime sono numerose da entrambe le parti (ufficialmente 34 in totale).
L’evento scuote il paese e centinaia di conflitti simili vengono alla luce, generando solidarietà e coraggio per rispondere all’attacco del capitalismo.

Nel 2011 lo Stato peruviano reprime brutalmente gli scioperi convocati dai contadini nella regione di Puno contro le miniere, che si sono concretizzati con il blocco di strade, l’incendio di uffici pubblici, gli attacchi alle strutture delle imprese miniere e un tentativo di occupazione dell’aereoporto.

Sei contadini/e uccisi/e dalle forze dell’ordine. Pochi mesi dopo, una coalizione di stampo nazionalista sinistroide vince le elezioni nel paese, promettendo ai campesinos una “gran transformación”. Bastano 80 giorni e il presidente ex militare Ollanta Humala perde la sua maschera populista e appoggia apertamente l’ennesimo progetto distruttivo nella regione di Cajamarca, chiamato Proyecto Conga, della compagnia Yanacocha srl (la più grande del Sudamerica), di proprietà della
Newmont Mining Corporation (Canada), Compañía de Minas Buenaventura (Perù) e della Corporazione Finanziaria Internazionale (IFC). La Yanacocha è conosciuta nella zona di Cajamarca dal 1992 quando iniziò le sue attività incontrando da subito l’opposizione degli abitanti per l’espropriazione di terre e l’inquinamento generato. Nel 2000 una fuoriuscita di 151 chili di mercurio all’altezza del Centro Poblado Choropampa provoca un disastro ambientale intossicando migliaia di persone. L’attuale Proyecto Conga prevede la distruzione di altri 34 ettari nel territorio di 6 laghi, che costituscono la sorgente dei principali fiumi della regione. I bacini dei laghi saranno utilizzati per il processo di estrazione dei minerali e come depositi dei rifiuti tossici del lavoro. Le sostanze utilizzate nel processo sono altamente tossiche (tra esse il mercurio e il cianuro) creando gravi problemi di salute e inquinando in modo irrecuperabile l’ambiente.

Negli ultimi 10 giorni, abitanti di quasi tutte le regioni del paese si sono uniti e hanno manifestato la loro rabbia e la loro solidarietà contro le miniere e il governo complice. Nonostante la repressione scatenata, che ha provocato diversi feriti d’arma da fuoco, la manifestazione è arrivata a Lima, radunando migliaia di persone da tutto il paese.

È sempre più chiaro che un reale cambiamento non avverrà attraverso la politica istituzionale e borghese ma solo con la lotta. Anche se la manifestazione è stata convocata come una “Gran Marcha Nacional por el Agua”, in essa si è espressa il desiderio e la capacità di resistenza delle popolazioni per difendere la terra e la propria vita dal saccheggio capitalista. Si sta creando un grande movimento nazionale che rivendica la difesa del territorio, l’autodeterminazione e l’opposizione alle logiche distruttive del potere economico. In questa lotta noi, come anarchici, ci vediamo coinvolti solidarizzandoci con i popoli che subiscono e reagiscono alla violenza dello Stato e delle Multinazionali. Sosteniamo l’auto-organizzazione e
l’azione diretta, pratiche che hanno caratterizzato queste proteste.
Invitiamo alla diffusione di informazione e alla pratica della solidarietà in tutte le sue forme. Durante la manifestazione è stato distribuito il seguente volantino:

La miniera inquina, lo Stato uccide
Conga e con tutte le lotte per la difesa della natura in diverse regioni del
pianeta. In questa parte del mondo chiamata Perù vediamo come,
costantemente, la gente si oppone ai progetti distruttivi delle industrie
estrattive (miniere, petroliere, idroelettriche, forestali etc.). Gli attuali
conflitti socio-ambientali sono il proseguimento di una lunga lotta dei popoli
originari contro lo sfruttamento e l’esproprio dei loro territori. Loro ci
ricordano che l’acqua non è una semplice risorsa commerciabile e estraibile: La
terra non appartiene a noi siamo noi ad appartenere ad essa. Per chi ha creduto
che con un cambio di governo sarebbe avvenuta una Grande Trasformazione
dovrebbe essere chiaro che ogni Governo (di destra o di sinistra) serve gli
interessi del Capitalismo (nazionale o straniero). Le ideologie nazionaliste ci
fanno schifo, creano frontiere inesistenti che ci dividono invece di rafforzare
le nostre lotte in difesa della terra. Il nazionalismo ha sempre giustificato
guerre, carceri, saccheggio di terre e omogenizzazione. Crediamo nell’auto-
organizzazione e nell’azione diretta e vediamo in molte lotte contadine e
indigene un buon esempio di questo. L’autonomia permette la partecipazione di
tutti e tutte nella presa di decisioni, evitando la concentrazione e l’imposizione
del potere. Appoggiamo e sosteniamo le forme autonome di gestione collettiva
del territorio che sono esistite ed esistono in diverse epoche e luoghi, fuori
dalle logiche dello Stato e del Capitale. Attualmente, ci vendono il mito dello
sviluppo nella sua versione sostenibile e il capitalismo verde come soluzione alla
chiamata crisi ambientale
sfruttamento-produzione e
Soltanto la lotta contro
veramente libera, senza
viventi e sulla terra.
senza mettere in discussione le dinamiche di
consumo che sostengono la nostra marcia società.
ogni forma di potere ci permetterà una vita
il dominio fra esseri umani, sugli altri esseri

Camus quasi inedito – MI RIBELLO, DUNQUE SIAMO di A. Camus

 

 

Che cos’è un uomo in rivolta? È innanzitutto un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia: è anche un uomo che dice sì. Osserviamo nel dettaglio il movimento di rivolta. Un funzionario che ha ricevuto ordini per tutta la vita giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. Insorge e dice no. Che cosa significa questo no? Significa, per esempio: «Le cose hanno durato abbastanza», «esistono limiti che non possono essere superati», «fin qui, sì, al di là, no», o ancora: «andate troppo in là». Insomma, questo no afferma l’esistenza di una frontiera. Sotto un’altra forma ancora la stessa idea si ritrova nella sensazione dell’uomo in rivolta che l’altro ‘esageri’, «che non ci siano ragioni per», alla fine «ch’egli oltrepassi il suo diritto», fondando, per concludere, la frontiera il diritto. Non esiste rivolta senza la sensazione di avere in se stessi in qualche modo e da qualche parte ragione. È per questo che il funzionario in rivolta dice ad un tempo sì e no. Perché afferma, assieme alla frontiera, tutto ciò che custodisce e preserva al di qua della frontiera. Afferma che in lui c’è qualcosa di cui vale la pena prendersi cura. Insieme alla repulsione verso l’intruso, esiste in ogni rivolta un’adesione intera e istantanea dell’uomo a una certa parte dell’esperienza umana. Ma qual è questa parte? Si potrebbe affermare che il no del funzionario in rivolta rappresenta soltanto gli atti che rifiuta di compiere. Ma si noterà che questo no significa tanto «esistono cose che io non posso fare» quanto «esistono cose che voi non potete fare». Si vede già che l’affermazione della rivolta si estende a qualche cosa che trascende l’individuo, che lo trae dalla sua supposta solitudine, e che fonda un valore. Ci si limiterà, al momento, a identificare questo valore con ciò che, nell’uomo, rimane irriducibile. Precisiamo almeno che si tratta proprio di un valore. Per quanto confusamente, esiste una presa di coscienza consecutiva al moto di rivolta. Questa presa di coscienza consiste nella percezione improvvisa di un valore con cui l’uomo può identificarsi totalmente. Perché, fin qui, quest’identificazione non era realmente sentita. Tutti gli ordini e le esazioni anteriori al moto di rivolta, il funzionario li subiva. Spesso, anzi, aveva ricevuto senza reagire ordini più rivoltanti di quello che fa scattare il suo moto. Ma portava pazienza, incerto ancora del proprio diritto. Con la perdita della pazienza, con l’impazienza, comincia un movimento che può estendersi a tutto ciò che in precedenza veniva accettato. Questo movimento è quasi sempre retroattivo. Il funzionario, nell’istante in cui non riconosce la riflessione umiliante del suo superiore, rifiuta insieme lo stato di funzionario per intero. Il moto di rivolta lo porta più in là di quanto egli non vada con un semplice rifiuto. Prende le distanze dal proprio passato, trascende la propria storia. Precedentemente invischiato in un compromesso, si getta d’un tratto nel Tutto o Niente; ciò che dapprima era la parte irriducibile dell’uomo diventa l’uomo intero. Nel moto della propria rivolta, l’uomo prende coscienza di un valore in cui crede di potersi riassumere. Ma come si vede, prende coscienza, contemporaneamente, di un ‘tutto’ ancora piuttosto oscuro e di un ‘niente’ che significa esattamente la possibilità di sacrificio dell’uomo a questo tutto. L’uomo in rivolta vuole essere tutto- vale a dire questo valore di cui ad un tratto ha preso coscienza e che vuole venga riconosciuto e accettato nella sua persona – o niente, vale a dire essere decaduto ad opera della forza che lo domina. Al limite, accetterà di morire. Mette sulla bilancia la morte e quanto chiamerà, per esempio, la sua libertà. Dunque, si tratta davvero di un valore, e uno studio dettagliato della nozione di rivolta dovrebbe ricavare, da questa semplice osservazione, l’idea che la rivolta, contrariamente all’opinione corrente, e benché nasca da ciò che l’uomo ha di più strettamente individuale, mette in questione il concetto stesso di individuo. Perché se l’individuo, in casi estremi, accetta di morire e nel moto della propria rivolta muore, dimostra con ciò ch’egli si sacrifica a favore di una verità che oltrepassa il suo destino individuale, che va più in là della sua personale esistenza. Se preferisce l’eventualità della morte alla negazione di questa parte dell’uomo che egli protegge, è perché valuta quest’ultima più generale di se stesso. La parte che l’uomo in rivolta protegge, egli ha la sensazione di averla in comune con tutti gli uomini. È da ciò che essa trae all’improvviso la sua trascendenza. È per tutte le esistenze a un tempo che insorge il funzionario quando giudica che, da un dato ordine, viene negata qualche cosa in lui che non gli appartiene in modo esclusivo, ma che è un luogo comune in cui tutti gli uomini, anche colui che l’insulta e l’opprime, hanno già pronta una forma di solidarietà. Esiste una complicità che unisce la vittima al carnefice. La rivolta non nasce solamente e necessariamente nell’oppresso, ma può nascere anche dallo spettacolo dell’oppressione. Esiste in questo caso un’identificazione con l’altro individuo. Non si tratta di un’identificazione psicologica, sotterfugio per mezzo del quale l’individuo sentirebbe nella sua immaginazione che è a lui che s’indirizza l’offesa (perché, al contrario, si arriva a non sopportare di veder infliggere ad altri delle offese che noi stessi abbiamo subito senza rivolta). Esiste solamente un’identificazione di destini e un prender partito. L’individuo, dunque, non è in se stesso quel valore che vuole difendere. Occorrono tutti gli uomini per costituirlo. È nella rivolta che l’uomo si supera nell’altro, e, da questo punto di vista, la solidarietà umana è metafisica. Nell’esperienza assurda, la tragedia è individuale. A partire dal movimento di rivolta, essa ha coscienza d’esser collettiva.

Bergamo non da spazio a Casapound

Rigiriamo l’appello che arriva da Bergamo:

L’associazione fascista Casapound tenterà di scendere in piazza la sera del 10 febbraio a Bergamo, con un presidio al Piazzale degli Alpini.
Tenterà perchè l’ultima volta che i fascisti hanno provato a tirare fuori il muso nella stessa piazza l’anno scorso, volantini e gazebo sono finiti nella adiacente fontana.

Scottati da quell’episodio i fascisti del terzo millennio orobici chiedono aiuto ai camerati di tutta la Lombardia, per tentare di guadagnarsi l’agibilità politica che a Bergamo gli è giustamente negata. Giustamente non perchè lo diciamo noi, ma perchè la Storia ha già emesso il giudizio su ciò che il fascismo ha rappresentato per questo paese e per la sua gente. Un giudizio inappellabile di condanna che chiunque si dichiari fascista si porta appresso.

Peccato per loro che non possano chiamare un camerata di Pistoia, un certo Casseri, che gli avrebbe di sicuro dato una mano.

Perchè per chi ancora non lo sapesse, Casapound è l’associazione di cui faceva parte l’assassino di Firenze che – coerente con le sue idee xenofobe e superomiste – ha compiuto una strage di senegalesi, uccidendoli solo perchè persone di colore.

E non potranno nemmeno chiamare il dirigente di Casapound Andrea Palladino, in arte “Zippo”, in carcere a Roma per aver preso a sprangete alcuni militanti del PD; attività cui Zippo era uso praticare anche nei confronti di giovani studenti come nell’aggressione che Blocco Studentesco, l’organizzazione giovanile di Casapound, ha compiuto ai danni degli studenti medi durante le proteste contro la riforma Gelmini in Piazza Navona a Roma e in altre occasioni nelle università romane.

Mentre altri contatti è meglio per loro che non li sentano proprio, come il vicepresidente di Casapound Andrea Antonini, che è stato gambizzato con una sparachiodi; e siccome l’abitudine dei fascisti di risolvere divergenze politiche a suon di pistolettate nelle gambe sta tornando di moda – come la gambizzazione dell’ex NAR Francesco Bianco, a seguito della quale è stata perquisita la sede di Casapound e l’abitazione del presidente di Casapound Gianluca Iannone – si sa mai che un battibecco in Piazzale degli Alpini possa finire a revolverate.

Nessuna agibilità politica ai fascisti, nessuno spazio agli assassini di Casapound!

Per fermarli ritrovo ore 19.30 piazzale della stazione FF.SS. di Bergamo

 

BERGAMO È ANTIFASCISTA!

Circolo anarchico fiorentino sotto sgombero

 

Apprendiamo da Indymedia che e’ in corso in queste ore lo sgombero dei compagni fiorentini (https://circoloanarchicofiorentino.noblogs.org/)

Nell’impossibilita’ di un supporto concreto esprimiamo solidarieta’  a chi resiste alla repressione dell’idea libertaria.

Individualita’ anarchiche/libertarie venete