LA GRAFICA RIVOLUZIONARIA DI HELIOS GOMEZ
Una mostra densa di emozione e interesse quella dedicata all’opera grafica del pittore e disegnatore Helios Gòmez Rodriguez (Siviglia, 1905 – Barcellona, 1956), spagnolo di origine rom, collaboratore efficacissimo di numerose testate antifasciste, anarchiche e comuniste, tra le quali: Páginas Libres, Berliner Tageblatt, L´Opinió, La Ramala, La Batalla (organo del Poum), L´Hora, Bolívar y Nueva España, Mundo Obrero, Drapeau Rouge… Ancora giovanissimo fece il suo apprendistato tecnico e politico come operaio pittore ceramista in una delle numerose fabbriche sivigliane, seguendo dei corsi alla Scuola di Arti e Mestieri della città. Proprio allora aveva conosciuto l’anarchismo all’anarchismo e subito aderito alla CNT.
Alla sua opera artistica, anche in ambito poetico, unisce infatti per tutta la vita un’irriducibile attività rivoluzionaria, tanto da rispecchiare perfettamente le parole di Jean Cassou per il quale era artista por ser revolucionario y revolucionario por ser artista.
Nel 1927 è costretto a lasciare la Spagna per ragioni politiche, riparando a Parigi e quindi da qua, dopo essere stato espulso per la sua partecipazione al movimento a favore di Sacco e Vanzetti, si rifugia a Bruxelles visitando anche Amsterdam, Vienna, Berlino e Unione Sovietica. Nel 1929 si stabilisce a Berlino, dove agli inizi del 1930, viene pubblicata la sua prima raccolta di lavori (Dias de ira) su iniziativa dell’organizzazione internazionale anarcosindacalista AIT. Alla caduta della dittatura di Primo de Rivera, rientra a Barcellona sul finire del 1930 aderendo prima alla Federazione Comunista della Catalogna e delle Baleari (da cui è presto espulso) e l’anno successivo al Partito Comunista Spagnolo. Incarcerato a Madrid nel 1932, approfitta della libertà provvisoria per fuggire a Bruxelles e da qui a Mosca risiedendovi un paio d’anni, sino al rientro a Barcellona nella primavera del 1934 per riprendere l’attività artistica e rivoluzionaria.
All’inizio della guerra civile è sulle barricate di Barcellona e aderisce subito all’Alleanza degli intellettuali antifascisti di Catalogna; è anche fondatore, promotore e primo presidente del Sindacato dei disegnatori professionisti di Barcellona, creato nell’estate 1936. Nominato commissario politico della UGT, organizza la Colonna Ramón Casanellas partecipando alla spedizione per liberare Ibiza e Maiorca e combattendo sul fronte di Aragona.
Dopo una presumibile rottura col comunismo autoritario, assume quindi l’incarico di “Miliciano de Cultura” della 26ª Divisione, ossia di responsabile culturale dell’anarchica Colonna di Ferro, curando a Barcellona una mostra dedicata proprio alla figura di Durruti. Tra i vari incarichi svolti c’è pure quello di arruolare un battaglione di cavalleria gitana. Nel 1939, con la fine della Repubblica, è profugo in Francia. Internato nei campi di concentramento in Francia e nell’Algeria francese, riesce a fuggire dall’infernale campo di Djelfa.
Rimpatriato nel maggio 1942 prende parte alla lotta clandestina contro il regime franchista. Arrestato di nuovo, viene incarcerato, senza sentenza ne condanna, per 8 anni nella galera “Modelo” di Barcellona, città dove muore poco dopo la sua liberazione. Durante la prigionia dipinge la “Cappella gitana” in una cella attigua alla sezione dei condannati a morte; opera ancora oggi esistente seppure sotto una mano di vernice bianca.
La mostra “Helios Gómez: opere grafiche”, a cura della Associació Cultural Helios Gómez (www.heliosgomez.org) e di Felice Gambin (docente di Letteratura spagnola) è visibile presso a Verona presso la Biblioteca Arturo Finzi in via S.Francesco 20, dal 26 novembre al 22 gennaio 2010. Seppure poco pubblicizzata raccoglie alcune delle opere più significative, tutte in un suggestivo bianco e nero che ricordano quelle di altri due grandi artisti rivoluzionari coevi: il franco-belga Frans Maserel (1889-1972) e il tedesco Gerd Arntz (1900-1988). In particolare, davvero significative le tavole di feroce critica anticlericale nonché l’attenzione rivolta alla figura della donna rivoluzionaria, proletaria o miliziana in armi, certo non scontata in un panorama culturale che, seppure di sinistra, raramente accettava l’immagine della donna come soggetto protagonista.