Alla Fiat e in ogni dove, nei paesi ricchi e in quelli poveri, i padroni, quando possono, cancellano qualsiasi “diritto” acquisito. I padroni se si sentono forti colpiscono duro.
L’appetito vien mangiando e quello dei padroni è insaziabile: perché accontentarsi di averci piegati quando possono metterci in ginocchio?
Perché accontentarsi di pagarci poco quando possono pagarci ancora meno?
I padroni non hanno altro interesse che il loro profitto, vogliono sempre imporre il totale disciplinamento dei lavoratori: niente garanzie, riduzione del salario, zero conflitto.
Il padrone dice “o lavori come dico io, o ti chiudo la fabbrica.
Di ricatto in ricatto ci stanno riducendo in schiavitù.
Loro guadagnano e chi lavora sta sempre peggio. Ci stanno facendo pagare la crisi, dicendo che siamo sulla stessa barca: loro a contare i soldi e noi incatenati al remo.
Tra i rematori i lavoratori stranieri pagano doppio. Se perdono il lavoro perdono anche il permesso di soggiorno, rischiano di finire in quei lager chiamati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e poi di essere espulsi. I padroni ed i loro cani da guardia, fascisti e leghisti, fanno di tutto perché i lavoratori italiani si incazzino con i lavoratori stranieri, anziché con i padroni. Ma, facendosi la guerra tra poveri, si finisce con lo stare tutti peggio e i padroni ci sguazzano da anni. Se gli stranieri sono obbligati da leggi razziste a chinare la testa, diventa più facile ricattare anche tutti gli altri.
I padroni ci vogliono nemici degli immigrati e dei poveracci serbi, brasiliani, polacchi, perché in troppi hanno dimenticato che i lavoratori, uniti, possono fare male al padrone, molto male.
Chi lucra sulle nostre vite, chi ci sfrutta sino all’osso, non guarda in faccia nessuno: i padroni non sono razzisti ma la guerra tra poveri gli fa molto comodo. Per questo fomentano le isterie sulla sicurezza, hanno voluto i militari in strada, le periferie strette tra la povertà e la paura di un domani che è già oggi.
Il nemico di tutti gli sfruttati di tutti i senza potere, italiani ed immigrati, il nemico vero, siede sui banchi del governo, nei consigli di amministrazione di banche e aziende.
Per anni CISL, UIL e, anche, la CGIL, veri sindacati di Stato, si sono fatti garanti della pace sociale. Negli stessi anni pezzo a pezzo padroni e governi si sono portati via quello che restava delle tutele e delle garanzie, strappate dai lavoratori in decenni di lotte durissime. Quello che sta per capitare alla Fiat è il pane quotidiano di tanti lavoratori, condannati alla precarietà a vita, a lavorare per 10/12 ore per salari sempre più miseri.
Non vale che la FIOM pianga perché Marchionne taglia fuori chi non firma, perché questo modello di relazioni sindacali lo hanno avallato anche loro per anni e anni. Sin dai famigerati accordi del 1993.
Possiamo fare a meno di burocrati e sindacati di Stato. Rifiutiamo la delega, riprendiamo in mano le nostre vite: azione diretta contro lo Stato e il Capitale.
Possiamo fare a meno dei padroni. Lasciamo in eredità ai nostri figli un mondo senza sfruttamento e senza gerarchie.
Rispediamo al mittente il ricatto di Marchionne, facciamo sì che la paura cambi di campo, che siano i padroni a temere per i loro profitti.
La proprietà privata delle fabbriche non è un diritto ma un furto.
Marchionne vuole andarsene in Canada? Che ci vada! Chi lo ferma? Le fabbriche sono di chi ci lavora: prendiamocele! I lavoratori possono fare da soli e meglio, perché mirano alla qualità della vita di tutti e non al mercato. Vogliamo fare SUV in una città dove si muore di inquinamento? O vogliamo una città per chi ci vive e non per i profitti dei padroni?
Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa. Alziamola, invece, la testa e iniziamo a lottare per un mondo di liberi ed eguali. In Italia e ovunque nel mondo.
Occupiamo le fabbriche! Licenziamo padroni e burocrati!
Volantino distribuito durante la manifestazione del 28 gennaio a Padova