VALSUSA: DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

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C’è un bosco in Valsusa, a Chiomonte, che patisce un’aggressione devastatrice: oltre 5.000 alberi già abbattuti, con castagni di oltre 268 anni d’età, piantati prima della Rivoluzione francese.

Bosco di struggente bellezza che costituiva un importante snodo viario frequentato dal neolitico fino all’epoca moderna fra le Valli di Susa e le vallate del Rodano in Francia.

Bosco che veste importanti testimonianze storiche che dalla preistoria,
passando per il medioevo, fino al 18° secolo, raccontano il nostro modo di stare in un territorio e tracciano la strada per il domani.

Qui, nel giugno del 2011, per impiantare il “sito strategico” la necropoli è diventata piazza di manovra di pesanti mezzi militari, che hanno fracassato le casse lapidee delle sepolture neolitiche.
Settemila anni di storia cancellati da cingoli di guerra nella civile Italia.
Il museo adiacente alla necropoli è ora occupato e adibito a caserma.
I reperti più importanti, trasportati in fretta a Torino, hanno perso la naturale contiguità con il territorio circostante e gli altri reperti che ancora insistono inseriti nel bosco.
Noi, i nostri bambini, mai più potremo sentire quelle cose come nostre!
La Maddalena, a Chiomonte, è un luogo dove il paesaggio, il bosco, il patrimonio storico – artistico coesistevano formando un unicum in cui i vari aspetti e beni vivevano in maniera indivisibile e unitaria: una meraviglia!
Distruggere il bosco e sostituirlo con piattaforme di cemento funzionali allo scavo di un tunnel geognostico, finalizzato alla nuova linea ferroviaria Lione-Torino, che renderanno quel monte sterile è un delitto più grave che spiantare da piazza dei Miracoli la torre di Pisa per impiantarla al Polo Nord.
Andiamo a rileggere l’articolo 9 della nostra Costituzione!
Il bosco non esiste solo come bene paesaggistico o fabbrica di legname, è un bene più profondo, è un “bene comune”, come l’acqua, anch’esso indispensabile alla vita, a tutte le vite, ogni processo chimico è debitore al bosco.
Nessuno, neppure lo Stato, può arrogarsi il diritto di distruggere un bosco. Dovere dello Stato è proteggere il bosco, ogni bosco (che differenza tra il bosco della Maddalena e quello di Castelporziano?) e normarne l’uso per tutelare il bene comune.
Quale diverso trattamento dai media tra il Gezi Park di Istambul esaltato e il bosco della Clarea umiliato.
Promettere una ripiantumazione, nella migliore delle ipotesi fra trent’anni, su un terreno cementificato e stravolto nella sua fisiologica struttura di frana non mitiga la sottrazione-furto del bene comune.
Follia lo studio e le promesse di una nuova collocazione museale dal costo di 800.000 Euro che mai sanerà la ferita del cantiere.
A tutti, donne e uomini di buona volontà, sensibili al futuro, il dovere di difendere quel poco di bosco che ci rimane ed opporci, anche fisicamente, alla logica del profitto e della corruzione. Da un’opera che nella sua genesi porta i semi della distruzione del bello non può derivare che corruzione e morte.

27 giugno 2013 Comitati no tav