GENOVA 2001: LA FARSA DI CAPODANNO

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Il 2013 si è concluso all’insegna del paradosso, con la notizia dell’arresto degli ultimi due “superpoliziotti” condannati per i fatti di Genova nel luglio 2001, in relazione all’irruzione notturna e all’introduzione di reperti e prove false nella scuola Diaz, teatro della “macelleria messicana” compiuta dai reparti mobili della polizia ai danni dei manifestanti che vi stavano pacificamente dormendo. Uno è Spartaco Mortola, personaggio ben noto a Genova, quale ex capo della Digos cittadina e poi divenuto questore vicario di Torino: dal giorno di San Silvestro è ai domiciliari con otto mesi di reclusione da scontare nella propria abitazione. L’altro è Giovanni Luperi, ex dirigente Ucigos nei giorni del G8, quindi capo-analista dei servizi segreti e attualmente in pensione: per lui, della condanna definitiva a quattro anni, ne resta uno.

Il giorno precedente (pomeriggio del 30), l’arresto era scattato per un altro pezzo grosso: Francesco Gratteri, numero tre della polizia italiana prima della condanna, coordinatore d’indagini su attentati e latitanti. È ora obbligato a un anno di domiciliari, ma potrà beneficiare come gli altri di alcune ore (2 o 4) di libertà durante il giorno e usare il telefono.

I poliziotti-detenuti potranno in aggiunta chiedere il riconoscimento della buona condotta, e quindi vedersi ridurre ulteriormente di qualche mese la pena-farsa, oltre a ciò che era stato spazzato dall’indulto del 2006.

Di un’analoga generosità invece non beneficia l’anarchica Marina Cugnaschi, condannata con una sentenza kafkiana a 11 anni e 9 mesi per gli scontri del G8 di Genova 2001 e attualmente detenuta nel carcere milanese di San Vittore: a tutti gli effetti la detenuta politica più duramente colpita dalla repressione statale, quasi come se dovesse espiare tutte le “colpe” di coloro che in quei giorni si opposero attivamente al potere economico e allo sfruttamento mondiale.

Sul suo caso emblematico, è urgente e necessario rompere il silenzio, ricordando a quelle decine di migliaia di persone che in quei giorni fecero diretta esperienza della violenza legale, che c’è ancora chi sta pagando un prezzo altissimo e iniquo per le stesse istanze sociali di liberazione e proprio a loro rivolgiamo quanto rivendicato da Marina stessa in tribunale davanti ai suoi persecutori: “La natura squisitamente politica di questo procedimento penale impone una netta presa di posizione, alla luce soprattutto degli innumerevoli tentativi da parte della magistratura e della stampa di screditare e spoliticizzare davanti all’opinione pubblica gli imputati di questo processo. Soggetti che loro malgrado sono incappati negli ingranaggi della giustizia borghese e fatti figurare in certi casi come un branco di violenti teppisti, in altri come un’orda di barbari scesi nelle strade di Genova con il preciso intento di devastarla e saccheggiarla. No

 signori, intanto l’accusa di devastazione e saccheggio la rinvio direttamente al mittente poiché offensiva e poiché non fa parte del mio bagaglio storico politico. La classe sociale a cui appartengo è colma fino all’orlo di ingiustizie, soprusi e umiliazioni inflitte dai padroni. Ed è proprio nel santuario della democratica inquisizione dove viene sistematicamente perpetuata l’ingiustizia sociale, in cui tengo a precisare e ribadire la mia ferma opposizione ad ogni forma di dominio, all’ineguaglianza sociale, allo sfruttamento. E seppur cosciente che come nemica della vostra classe mi si infliggerà una pena severa poiché portatrice di principi malsani assolutamente in contrasto con l’ordine costituito, vi comunico che personalmente come lavoratrice salariata ho avuto modo di conoscere i veri devastatori e saccheggiatori”.

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