Voglio ricordare che la legalità è un valore di sinistra e che condannare e combattere la violenza e i violenti è di estrema sinistra.(Stefano Esposito, senatore PD. La Stampa, 16 maggio 2013)
Al partito sono preoccupati? Non devono esserlo: nessuno vuole spaccare vetri. (Andrea Giorgio, segretario regionale toscano Giovani Democratici. Il Tirreno, 11 maggio 2013)
Per qualche secolo, l’essere di sinistra coincidendo con il pensiero socialista ha significato un agire politico e sindacale per l’emancipazione della classe lavoratrice, rivendicando nell’immediato uguaglianza economica e giustizia sociale e prefigurando l’abolizione dello sfruttamento capitalista e il superamento dello stato borghese. L’anarchismo, ponendosi fuori dalla tattica parlamentare, si è storicamente posto all’estrema sinistra del movimento socialista, optando per la rivoluzione sociale e la contemporanea distruzione di ogni potere politico e quindi la negazione di qualsiasi governo o stato, comprese le varianti liberali, democratiche e socialiste, ritenendo necessaria e fattibile l’autogestione generalizzata della società. Questo progetto radicalmente alternativo ha di conseguenza segnato la differenza di pratica e etica tra l’anarchismo e le ipotesi riformiste dei partiti socialdemocratici, ma anche verso le opzioni autoritarie dei partiti comunisti volte a instaurare il socialismo di stato. Tali differenze, anche conflittuali, tra socialismo libertario, legalitario e autoritario restano immutate nella sostanza, alla luce sia della caduta dei regimi “comunisti” che di fronte alla crisi epocale del capitalismo e del suo ordinamento politico, assieme a tutte le illusioni progressiste di modifica umanitaria o di pacifica democratizzazione, tanto che gli eredi di quella che fu la “sinistra riformista” appaiono ormai precipitati dentro una voragine di senso e identità. Smarriti o rinnegati i riferimenti e i principi alla base del pensiero socialista (e persino quelli ereditati dalla rivoluzione francese: Liberté, Égalité, Fraternité) ritenuti alla stregua di anticaglie, elettori ed iscritti stanno quindi ora scoprendo il nulla che regna dietro i propri dirigenti e, soprattutto, il vuoto di opposizione e alternativa al naufragio di un sistema politico e economico. Prima l’autodistruzione craxiana del partito socialista, dissoltosi proprio quando stava per festeggiare il centenario della sua fondazione, quindi la progressiva dissoluzione del partito comunista e la sua mutazione in un partito dichiaratamente “non di sinistra”. Per decenni, tale vuoto è stato dissimulato dall’antiberlusconismo, ma adesso che il “nuovo” governo di larghe intese non lascia margini di speranza ai lavoratori e ai senza reddito, il cadavere della sinistra politica è davanti a tutti: dopo decenni di compromessi, responsabilità, concertazione, sacrifici, moderazione è arretrata – cedimento dopo cedimento – sino a non avere più spazi di manovra e rovinare in una desolante resa totale. Eppure, neanche in un frangente in cui sarebbe vitale trovare coraggio e energia per ridare forza all’iniziativa e alla voglia di effettivo cambiamento che pure esiste nella società, la principale preoccupazione governativa di una ex-sinistra datasi volontariamente in ostaggio alla destra è che non esplodano in forma conflittuale le contraddizioni sociali, né che venga messo in discussione il dominio del capitale, anche quando è ormai evidente che la logica del profitto sta condannando l’umanità alla miseria, alla distruzione dell’ambiente e allo stato di guerra permanente. Piuttosto che dare spazio alle lotte, ai movimenti di base e all’autorganizzazione dal basso, si accetta con rassegnazione lo stillicidio di suicidi per mancanza di lavoro, reddito, futuro mentre, alla faccia della retorica della crisi che colpisce tutti, continua a crescere il divario tra chi ha e chi non ha. La stessa preoccupazione per l’ordine pubblico percorre non casualmente la destra, come attestano le parole del ministro postfascista dell’interno Alfano, ma anche SEL che, per bocca del suo leader Vendola ha più volte condannato ogni “estremismo”, così come quel Movimento 5 Stelle che vuole accreditarsi come unica opposizione e alternativa “gandhiana” alla rivolta. Emblematica la recente dichiarazione di Grillo: «In Europa sono rimasti agli scontri di piazza mentre noi abbiamo fatto entrare la polizia nel movimento» (Corriere della Sera, 19 maggio 2013). Sarebbero questi quelli che dovevano “destabilizzare il sistema”?
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