GRILLO SOCCORRE LO STATO

I recenti risultati elettorali in Sicilia, oltre a evidenziare l’impressionante astensionismo (oltre il 52%) che in un certo senso rappresenta non solo il primo “partito” ma anche la maggioranza dell’elettorato, ha offerto la possibilità di smascherare l’effettivo ruolo giocato dal Movimento 5 stelle: il partito di Grillo ha, a tutti gli effetti, salvato il sistema dei partiti.

Se, infatti, quel 15% di votanti avesse scelto di esprimere al propria protesta contro la partitocrazia disertando le urne, invece che delegandola al candidato-grillino, l’impatto dello “sciopero del voto” sarebbe stato ancora più dirompente, sfiorando complessivamente il 70%.

Per questo all’indomani della disfatta dei partiti parlamentari e della stampa, l’atteggiamento è apparso trasversalmente alquanto bonario nei confronti di Grillo e soci, archiviando le accuse che nei mesi scorsi erano andate per la maggiore dall’antipolitica al populismo, dal qualunquismo allo squadrismo.

Nel momento in cui la separazione tra società e stato diventa così palese e pesante e “il voto di chi non vota” finisce per assumere una valenza di radicale rottura col sistema politico-economico e, di conseguenza, nei confronti dei partiti della crisi, dell’unità nazionale, del ceto politicante e governativo che questo esprime, anche l’esistenza di un sedicente “antipartito” come quello a 5 stelle diventa prezioso, perché come ha pure sottolineato Ilvo Diamanti (La Repubblica, 30 ottobre) “si tratta, comunque, di un’alternativa al non-voto”.

Anche se può apparire come l’ultima spiaggia per le illusioni di milioni di scontenti, delusi, incazzati, estremisti da bar e rivoluzionari a parole, votare per qualcuno che si candida con un partito “alternativo” a rappresentare, indirizzare ed utilizzare il dissenso popolare per ottenere nei posti di potere, dalle amministrazioni locali al governo nazionale, è pur sempre una dimostrazione di fiducia nella possibilità di riformare e non certo di sovvertire quell’apparato di dominio che si dice di avversare.

Per di più è ben noto come chi entra, criticamente, nelle istituzioni per trasformarle, in breve tempo finisce per essere trasformato, divenendo a sua volta parte integrante dell’apparato che diceva di voler cambiare o mettere sottosopra, tanto da introiettare il punto di vista e le compatibilità di chi comanda, governa, decide sulla testa di quei “sudditi” ai quali non viene mai riconosciuto il diritto né la capacità di autogovernarsi senza farsi Stato.

Leggi tutto “GRILLO SOCCORRE LO STATO”

Eventi Maggio 2012

sabato 12 maggio 2012 ore 17,30 – Ateneo degli Imperfetti – Via Bottenigo 209 / Marghera VE

presentazione del libro
nestor machno:
bandiera nera sull’ucraina
guerriglia libertaria e rivoluzione contadina
(1917-1921)
di Alexander V. Shubin
elèuthera editrice

ne discutiamo con Mikhail Tsovma – curatore del libro
traduzione consecutiva di: Luca Galletti, Luca Pes

A quasi cento anni dagli eventi, grazie all’apertura degli archivi segreti dell’URSS, è ora possibile ricostruire nella sua complessità, la storia della Rivoluzione russa, al di là dei miti e dei racconti dei vincitori. Una attenzione particolare, anche per le dimensioni del fenomeno, è stata data all’anarchico ucraino Nestor Machno e al movimento, in larga parte contadino, che tra il 1917 e il 1921 coinvolse una vasta regione dell’Ucraina. Una grandiosa esperienza libertaria, sia nel senso dell’autogestione che della guerriglia partigiana, che combatté vittoriosamente contro l’esercito austrotedesco, nazionalista ucraino, zarista e che fu repressa nel sangue, dopo un’alleanza tattica, dall’Armata Rossa di Lenin e Trotsky. Data l’eccezionalità della presenza di Mikhail Tsovma, storico e militante dei diritti umani in Russia, durante il dibattito cercheremo di analizzare anche alcuni aspetti controversi della Russia.

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SABATO 12 MAGGIO

PISA – PIAZZA SANT’ANTONIO – ORE 15

A quarant’anni dalla morte di Franco Serantini l’assemblea degli Anarchici Toscani ha deciso di organizzare a Pisa, per il 12 maggio, una manifestazione nazionale anarchica.
Oggi più che mai è doveroso riprendersi le piazze e le strade della città con un corteo, forti anche delle ragioni e delle idee per cui Franco lottava.

Manifestazione nazionale anarchica a quarant’anni dalla morte di Franco Serantini

http://serantini12maggio.noblogs.org/

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sabato 12 maggio – ore 18.00
PRESSO IL PREFABBRIKATO
[VIA PIRANDELLO, 22] VILLANOVA PORDENONE

CONFERENZA DIBATTITO

PARANOIA E COPLOTTISMO
tra storia, politica e psicologia

Da un decennio la vena cospirazionistica, che da sempre serpeggia nell’opinione pubblica, è esplosa in un oceano di teorie del complotto. I media e il web pullulano di “dimo-strazioni inconfutabili” delle cospirazioni di cui saremmo vittime da parte di poteri occulti, della massoneria, della fi-nanza ebraica e , perfino, degli extraterrestri. La parte del leone la fanno i siti collegabili al mondo dell’estrema destra e del fondamentalismo cattolico ma ormai le teorie del com-plotto dilagano anche nella criminologia più accreditata per farsi breccia anche negli ambienti di certa sinistra.

NTERVERRA’

LUlGI CORVAGLIA
Psicologo, psicoterapeuta, studioso di manipolazione mentale e controllo sociale, affronta il tema da una prospettiva psicologica e sociologica, passando in rassegna le distorsioni cognitive di questa paranoia collettiva e mettendo in luce i rischi di dogmatismo anti-democratico in essa insiti.

INIZIATIVA LIBERTARIA
ilpn@autoproduzioni.net
www.info-action.net

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Martedì 29 maggio 2012

Il Centro di Documentazione Anarchico di Padova

presenta: “La Grande Abbuffata”

h.18:30 Proiezione “Fratelli di Tav” e “I peccati della Maddalena” regia di Manolo Luppichini

h 20:00 (Ab)buffet Vegan a sostegno delle attiviste e degli attivisti NO TAV colpiti da procedimenti giudiziari

h.21 Incontro con Ivan Cicconi presentazione de IL LIBRO NERO DELL’ALTA VELOCITA’

Presso la Baracca Autogestita

Via Marzolo 3/a (Zona Portello) Padova

http://baraccaoccupata.noblogs.org/

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15 maggio dalle ore 17,00 e 16 maggio ore 20,00

Il 15 maggio 1948 nasce lo Stato d’Israele e inizia la pulizia etnica della Palestina. Essa è il culmine del progetto sionista, che prevede di cacciare tutti i palestinesi dalle loro terre per rendere la Palestina storica territorio etnicamente puro per gli ebrei. Questo terrorismo continua ancora oggi ad essere praticato bombardando, colonizzando, imprigionando.

Nessuno Stato è la soluzione al problema ma la lotta degli sfruttati contro i padroni e gli oppressori.

Se vogliamo tagliare quel filo spinato che avvicina Israele con i Paesi neocolonialisti occidentali dobbiamo rispolverare gli strumenti della resistenza.

15 maggio dalle ore 17,00 presidio in piazzetta della Garzeria (Padova), banchetto e mostra sull’occupazione sionista.

16 maggio ore 20,00 buffet benefit per le spese legali di Marco, attivista ora libero dalle galere israeliane, collegamenti diretti con Gaza e Cisgiordania e discussione collettiva sulla situazione palestinese e sui prigionieri politici alla Baracca Occupata di via Marzolo 3 A

info: http://baraccaoccupata.noblogs.org/

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GIOVEDI’ 17 MAGGIO – VERONA

CINEMA ALL’AREA APERTA

(eventuale cadenza settimanale)

Cinema all’aperto in un’area fuori dalla vita mondana della Verona-da-bere e quindi fuori dalle logiche di consumo/profitto da bar o localetto, in cui giovani e meno giovani anestetizzati passano le loro serate in serie.

Per l’autogestione, l’auto-organizzazione e per una socialita’ libera dai tanti vincoli imposti che opprimono e troppo spesso limitano la possibilita’ di esprimersi totalmente e in modo autonomo.

proiezione di: ATTACK THE BLOCK (2012)

Chi difenderebbe Verona se arrivassero gli alieni??

Porta quello che vorresti trovare, cibo, bevande, birra, vino, ecc.

Lascia a casa la frustrazione.

Dalle ore 21:00

Area68 – zona Torricelle

Rispetto – No nazi – No pusher

www.autistici.org/liberaa

ATTERRIAMOLI!

GIORNATA DELLE LOTTE CONTADINE
ore 20,30 NELLA BARACCA AUTOGESTITA
VIA MARZOLO 3 A PADOVA
ASSEMBLEA PUBBLICA CONTRO GLI ESPROPRI

 

MARTEDI’ 17 APRILE GIORNATA DELLE LOTTE CONTADINE

Treni ad Alta Velocità che smembrano vallate, città commerciali che divorano il territorio e le comunità che lo vivono, beni essenziali da privatizzare ad ogni costo, impianti industriali che portano tumori in cambio di crescita nociva, terre demaniali svenduti a privati e pronte a nuove cementificazioni ma anche le lotte manifeste ed a volte invisibili, di massa o quotidiane che a tutto questo in vario modo resistono.

Cosa accomuna questi fenomeni? Dove trovare un interesse comune che ci faccia lottare insieme per essere più forti?
Ne discutiamo nella Baracca Occupata Martedì 17 Aprile, giornata internazionale delle lotte contadine. Giornata quest’anno dedicata al fenomeno del Land grabbing, una gigantesca corsa per l’accaparramento di milioni di ettari di terra sparsi per il globo, finora gestiti seguendo logiche comunitarie, ora oggetto di privatizzazioni ed espropri eseguiti da grandi aziende multinazionali. Fenomeno che sta stravolgendo gli stili di vita di intere comunità e gli equilibri naturali in cui sono inseriti, espropriandoli della loro ricchezza e condannandoli a migrare e perdere se stessi.

Perché? Perché riconosciamo in questi eventi apparentemente lontani le stesse logiche di problemi a noi vicini. Perché laddove va il denaro finiscono i nostri valori, le possibilità di gestire insieme una vita libera, rispettosa dell’ambiente che ci circonda e della storia che ci precede. Perché dove va la merce siamo ridotti a consumatori costretti a basare la propria esistenza sullo sfruttamento proprio e degli altri. Perché tutto questo decide della nostra vita: del cibo che mangiamo, dell’acqua che beviamo, dell’aria che respiriamo e dei luoghi in cui ci muoviamo. E di questo vogliamo decidere. Insieme.

  • Per discutere e riflettere
  • Per condividere le esperienze
  • Per coordinare le lotte
  • Per pianificare appuntamenti ed iniziative comuni

ASSEMBLEA PUBBLICA CONTRO GLI ESPROPRI

Saranno presenti diverse realtà di lotta, inoltre si farà un collegamento con una compagna in Honduras per aggiornamenti sulle lotte contadine

CHE LA TERRA TORNI A DARE CIBO E NON DENARO!

locandinapdf

7 MAGGIO 1972-2012 – SIAMO TUTTE SOVVERSIVE

Il 7 maggio prossimo ricorrerà il 40° anniversario della scomparsa di Franco Serantini:

«studente/lavoratore di origine sarda, anarchico, Franco è morto nel 1972 nel carcere Don Bosco di Pisa per le percosse ricevute dalla polizia mentre partecipava ad una manifestazione antifascista».

La vicenda di Franco Serantini ha segnato profondamente tutta la città di Pisa e la storia di tutto il paese. Negli anni molte manifestazioni e iniziative, intraprese a livello locale e non solo, hanno tenuto viva la memoria di Franco e con essa le sue idee.

Dopo la morte, gli amici e i compagni di Franco, insieme a gran parte della città, lo hanno voluto ricordare apponendo una targa sull’edificio ex collegio Pietro Thouar, dove aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita, e ponendo nell’attigua piazza un monumento di marmo. Da quel momento per tutte le persone legate a Franco, e per tanti pisani in generale, Piazza San Silvestro è diventata di fatto Piazza Serantini.

Sabato 5 maggio saremo in quella piazza ancora una volta, per raccontare la storia di un ragazzo ucciso due volte, prima dalla violenza e poi dall’ingiustizia delle istituzioni. Una storia che si mantiene tragicamente attuale anche alla luce di fatti che se pur diversi nelle modalità si mantengono simili nella sostanza.
Proprio perché non ci basta ricordare abbiamo deciso di dedicare la tavola rotonda che si terrà il 5 maggio “Omicidi di stato, abusi di potere e repressione in Italia: i casi Serantini, Giuliani e Mastrogiovanni”, alla repressione e alla violenza dello stato odierna in risposta alle manifestazioni di dissenso politico.
Per non dimenticare e per continuare a lottare per le proprie libere idee, sabato 5 maggio daremo voce alla storia di Franco e a molteplici storie di quotidiana repressione.

L’iniziativa comprenderà oltre alla tavola rotonda diverse attività , alcune delle quali si terranno nei giorni precedenti, il programma definitivo sarà reso disponibile a breve.

continua a leggere e scarica il comunicato stampa

L’operaio e il servitore

Le bugie hanno le gambe corte e il naso lungo.

Ma quando ci sono di mezzo i quattrini,

i massmedia si vendono al miglior offerente,

e il falso diventa vero …

… il forte diventa debole …

… il sopruso diventa diritto …

Marco Bruno è su tutte le Tv.

E’ il “cattivo ragazzo” che dà della “pecorella” al poliziotto armato fino ai denti e con maschera antigas indosso.
Chi è Marco? E’ un padre di famiglia di un magnifico bimbo di 2 anni, un lavoratore che non si risparmia e un no tav valsusino da sempre.
Martedì al posto di mangiarsi un panino nella pausa pranzo è corso insieme a tanti a Chianocco per tentare di resistere al migliaio e più di forze dell’ordine che sgomberavano l’autostrada.

La rabbia è tanta ma Marco non perde la testa, non fa gesti inconsulti, scarica solo verso chi in quel momento sta calpestando per l’ennesima volta la dignità di una popolazione, invadendo in modo violento la Valle dove Marco è nato e cresciuto.
E’ un attimo, le Tv riprendono e la vittima diventa il poliziotto armato e a volto coperto e il carnefice il manifestante a volto scoperto e disarmato.
Che i meccanismi dei media siano perversi già lo sapevamo, ma non riusciamo ancora ad abituarci a tali livelli di mistificazione e manipolazione.

L’unico spezzone trasmesso è quello della sacrosanta rabbia, poi però Marco parla per dieci minuti con l’uomo armato in modo tranquillo e pacato, fino a quando lo saluta poiché deve tornare a lavoro (a stomaco vuoto) dicendogli “…comunque vi voglio bene lo stesso”. Questo però nessuna Tv l’ha fatto vedere.

Cosi finisce Marco la sua “violenta protesta”, “vi voglio bene lo stesso”.
Credo che non ci siano altri commenti da fare, specie dopo la violenza di questa sera compiuta dagli uomini in divisa.
Che ognuno risponda alla propria coscienza.

Marco mentre viene portato via dalla polizia mentre applica resistenza passiva in autostrada

 

Comitato no tav spinta dal basso.

http://www.spintadalbass.org/

Takuma

Camus quasi inedito – MI RIBELLO, DUNQUE SIAMO di A. Camus

 

 

Che cos’è un uomo in rivolta? È innanzitutto un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia: è anche un uomo che dice sì. Osserviamo nel dettaglio il movimento di rivolta. Un funzionario che ha ricevuto ordini per tutta la vita giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. Insorge e dice no. Che cosa significa questo no? Significa, per esempio: «Le cose hanno durato abbastanza», «esistono limiti che non possono essere superati», «fin qui, sì, al di là, no», o ancora: «andate troppo in là». Insomma, questo no afferma l’esistenza di una frontiera. Sotto un’altra forma ancora la stessa idea si ritrova nella sensazione dell’uomo in rivolta che l’altro ‘esageri’, «che non ci siano ragioni per», alla fine «ch’egli oltrepassi il suo diritto», fondando, per concludere, la frontiera il diritto. Non esiste rivolta senza la sensazione di avere in se stessi in qualche modo e da qualche parte ragione. È per questo che il funzionario in rivolta dice ad un tempo sì e no. Perché afferma, assieme alla frontiera, tutto ciò che custodisce e preserva al di qua della frontiera. Afferma che in lui c’è qualcosa di cui vale la pena prendersi cura. Insieme alla repulsione verso l’intruso, esiste in ogni rivolta un’adesione intera e istantanea dell’uomo a una certa parte dell’esperienza umana. Ma qual è questa parte? Si potrebbe affermare che il no del funzionario in rivolta rappresenta soltanto gli atti che rifiuta di compiere. Ma si noterà che questo no significa tanto «esistono cose che io non posso fare» quanto «esistono cose che voi non potete fare». Si vede già che l’affermazione della rivolta si estende a qualche cosa che trascende l’individuo, che lo trae dalla sua supposta solitudine, e che fonda un valore. Ci si limiterà, al momento, a identificare questo valore con ciò che, nell’uomo, rimane irriducibile. Precisiamo almeno che si tratta proprio di un valore. Per quanto confusamente, esiste una presa di coscienza consecutiva al moto di rivolta. Questa presa di coscienza consiste nella percezione improvvisa di un valore con cui l’uomo può identificarsi totalmente. Perché, fin qui, quest’identificazione non era realmente sentita. Tutti gli ordini e le esazioni anteriori al moto di rivolta, il funzionario li subiva. Spesso, anzi, aveva ricevuto senza reagire ordini più rivoltanti di quello che fa scattare il suo moto. Ma portava pazienza, incerto ancora del proprio diritto. Con la perdita della pazienza, con l’impazienza, comincia un movimento che può estendersi a tutto ciò che in precedenza veniva accettato. Questo movimento è quasi sempre retroattivo. Il funzionario, nell’istante in cui non riconosce la riflessione umiliante del suo superiore, rifiuta insieme lo stato di funzionario per intero. Il moto di rivolta lo porta più in là di quanto egli non vada con un semplice rifiuto. Prende le distanze dal proprio passato, trascende la propria storia. Precedentemente invischiato in un compromesso, si getta d’un tratto nel Tutto o Niente; ciò che dapprima era la parte irriducibile dell’uomo diventa l’uomo intero. Nel moto della propria rivolta, l’uomo prende coscienza di un valore in cui crede di potersi riassumere. Ma come si vede, prende coscienza, contemporaneamente, di un ‘tutto’ ancora piuttosto oscuro e di un ‘niente’ che significa esattamente la possibilità di sacrificio dell’uomo a questo tutto. L’uomo in rivolta vuole essere tutto- vale a dire questo valore di cui ad un tratto ha preso coscienza e che vuole venga riconosciuto e accettato nella sua persona – o niente, vale a dire essere decaduto ad opera della forza che lo domina. Al limite, accetterà di morire. Mette sulla bilancia la morte e quanto chiamerà, per esempio, la sua libertà. Dunque, si tratta davvero di un valore, e uno studio dettagliato della nozione di rivolta dovrebbe ricavare, da questa semplice osservazione, l’idea che la rivolta, contrariamente all’opinione corrente, e benché nasca da ciò che l’uomo ha di più strettamente individuale, mette in questione il concetto stesso di individuo. Perché se l’individuo, in casi estremi, accetta di morire e nel moto della propria rivolta muore, dimostra con ciò ch’egli si sacrifica a favore di una verità che oltrepassa il suo destino individuale, che va più in là della sua personale esistenza. Se preferisce l’eventualità della morte alla negazione di questa parte dell’uomo che egli protegge, è perché valuta quest’ultima più generale di se stesso. La parte che l’uomo in rivolta protegge, egli ha la sensazione di averla in comune con tutti gli uomini. È da ciò che essa trae all’improvviso la sua trascendenza. È per tutte le esistenze a un tempo che insorge il funzionario quando giudica che, da un dato ordine, viene negata qualche cosa in lui che non gli appartiene in modo esclusivo, ma che è un luogo comune in cui tutti gli uomini, anche colui che l’insulta e l’opprime, hanno già pronta una forma di solidarietà. Esiste una complicità che unisce la vittima al carnefice. La rivolta non nasce solamente e necessariamente nell’oppresso, ma può nascere anche dallo spettacolo dell’oppressione. Esiste in questo caso un’identificazione con l’altro individuo. Non si tratta di un’identificazione psicologica, sotterfugio per mezzo del quale l’individuo sentirebbe nella sua immaginazione che è a lui che s’indirizza l’offesa (perché, al contrario, si arriva a non sopportare di veder infliggere ad altri delle offese che noi stessi abbiamo subito senza rivolta). Esiste solamente un’identificazione di destini e un prender partito. L’individuo, dunque, non è in se stesso quel valore che vuole difendere. Occorrono tutti gli uomini per costituirlo. È nella rivolta che l’uomo si supera nell’altro, e, da questo punto di vista, la solidarietà umana è metafisica. Nell’esperienza assurda, la tragedia è individuale. A partire dal movimento di rivolta, essa ha coscienza d’esser collettiva.

SINISTRA CRITICA: COMPAGNI DI MERENDE STALINISTE?

 
Il fatto più importante è che ogni poliziotto sa che, se i governi cambiano, la polizia resta. (L. Trotskij)
Stalinisti del KKE/PAME schierati a difesa del Parlamento Greco.
Sull’ultimo numero di ERRE, la rivista di Sinistra Critica, è stato pubblicato un articolo a firma di Stathis Kouvelakis (docente universitario di filosofia a Londra) riguardante la situazione greca in cui si può leggere una discutibile ricostruzione dei noti fatti in piazza Syntagma ad Atene il 20 ottobre scorso quando il servizio d’ordine stalinista offrì uno spettacolo non propriamente edificante. Pur criticando la politica settaria del KKE, l’autore ha tenuto a precisare che “questo non può in ogni caso giustificare l’attacco militarizzato con strumenti criminali (molotov lanciate contro il servizio d’ordine e i cortei del Pame) di cui è stato fatto oggetto da parte dell’area black bloc che ha portato alla morte di un operaio edile militante del Pame e al ricovero di una quarantina di manifestanti”.
Tale ricostruzione (peraltro già fatta propria in Italia da vari settori legalitari e autoritari, tra i quali la confederazione Cobas) appare in tutta la sua mistificante logica.
L’aggressione del servizio d’ordine del KKE e del Pame (il corrispettivo della Cgil) a un settore di corteo che durante lo sciopero generale era intenzionato a raggiungere il palazzo del Parlamento, non poteva peraltro avere come obiettivo il fantomatico Black Bloc (dato che in Grecia proprio non esiste) ma piuttosto attivisti del sindacalismo di base, di comitati autonomi e del movimento anarchico.
Tale “carica” avvenne, con connotazione squadristica, con la compiacenza delle forze di polizia antisommossa, posta a difesa del palazzo del potere.
A quel punto, alle spranghe staliniste, gli aggrediti risposero come potevano, lanciando anche -in funzione difensiva- alcune molotov destinate a ben altri obiettivi.
La vittima registrata tra gli aggressori è stata notoriamente causata da un malore cardiaco, per cui la responsabilità ricade piuttosto sulla sua scelta di prendere parte ad una simile azione e sulle direttive dei suoi dirigenti.
Stupefacente che dei post-trotzkisti come gli aderenti di Sinistra Critica abbiano fatto propria tale faziosa versione dei fatti, preferendo di stare dalla parte della sbirraglia stalinista piuttosto che da quella della rivolta sociale.
Ennesimo tatticismo o vocazione masochista?

Alcuni anarco-comunisti

Messico: La polizia uccide due studenti nello sgombrare un blocco autostradale

Riceviamo e pubblichiamo la traduzione di un articolo de: La Jornada ,quotidiano messicano.

 

Jorge Alexis Herrera e Gabriel Echeverria de Jesus , due studenti messicani della scuola Normale Raul Isdro Burgos di Ayotzinapa, sono stati uccisi durante gli scontri avvenuti il 12 dicembre scorso lungo l’autostrada del Sol a Chilpancigo, capitale dello stato di Guerrero. Un gruppo di circa 500 studenti si era mobilitato per bloccare un tratto di autostrada come protesta contro le politiche del governo.

 

Verso le ore 11.45 di lunedi’ 13 dicembre 2011, circa 500 studenti della scuola normale arrivarono all’autostrada con i loro camioncini, appoggiati da 26 indigeni facenti parte dell’ Organizaccion Campesina del Municipio de Tecoanapa e atri 20 (sempre indigeni) appartenenti all’organizzazione Xanii Tsavvi. Assieme riuscirono a chiudere le corsie dell’autostrada e ad interrompere la viabilità per qualche ora.

 

La loro principale richiesta era quella di poter avere un’udienza con il governatore Angel Rivero affinchè  le lezioni potessero ricominciare . Queste ultime erano state sospese lo scorso 2 novembre e da quel momento mai più riprese per il fatto che gli insegnanti pretendevano imporre come direttore Eugenio Hernandez Garcia che gli studenti stessi segnalavano come un probabile repressore.

Come seconda istanza gli studenti chiedevano che venisse aumentato il numero di posti disponibili per l’accesso alla Scuola Normale ovvero che passasse da 140 a 170 per l’anno 2011-2012.

 

Non appena comincò il blocco autostradale, ecco che arrivarono subito al meno 300 poliziotti guidati dal generale Arreola Ibarria, sottosegretario alla Sicurezza ; piu’ tardi arrivarono anche agenti ministeriali.

 

Coloro che erano al lavoro nelle vicine stazioni di servizio autostradale (benzinai ) raccontarono che qualche minuto prima di mezzogiorno i poliziotti iniziarono a sgomberare gli studenti i quali risposero con il lancio di pietre, bombe carta e molotov.

 

Qualche istante piu’ tardi, uno degli studenti si reco’ alla stazione di benzina piu’ vicina e appicco’ fuoco ad una bomba carta. Fu da quel momento che i poliziotti iniziarono a sparare colpi di pisola in aria.

A circa 50 metri di distanza, nel ponte del fiume Huacapa, erano appostati una decina di altri poliziotti.

Alcuni di loro erano in borghese affinché potessero confondersi con gli studenti e tutti pronti ad azionare le loro armi.

 

 

ATTACHI DA ENTRAMBI I LATI

 

Gli studenti improvvisamente si trovarono circondati da entrambi i lati, i poliziotti arrivavano sia da nord che da sud ovvero da entrambi i lati dell’autostrada .

 

Un gruppo di studenti tento’ di salvarsi rifugiandosi all’interno dei furgoni mentre altri invece cercarono di contrastare la polizia lanciando pietre…ma non ci riuscirono!

 

Nel frattempo gli automobilisti bloccati tentarono di fuggire per proteggersi dalle sparatorie .

 

Alle 12.10 circa la sparatoria aumentava sempre piu’ e fu quello il momento in cui venne ammazzato il primo studente , Gabriel Echeverria de Jesus.

 

Quasi nello stesso momento cadde a terra morto anche il secondo studente, Jorge Alexis Herrera. I loro compagni, pensando che fossero soltanto stati feriti, tentarono di portarli all’interno dei camioncini per proteggerli ma nel momento in cui si resero conto che erano già morti , li lasciarono a terra.

 

La sparatoria durò altri 20 minuti in cui la polizia non smetteva di sparare colpi in aria, di andare su e giu per entrambi i lati dell’autostrada con le pistole tra le mani.

 

Alcuni ragazzi riuscirono a fuggire verso le colline circostanti all’autostrada e da li tornarono verso la Normale. Altri invece cercarono di allontanarsi il piu’ possibile  dal luogo dello sgombero.

 

A terra rimasero pietre, bastoni, molotov ,dozzine di pistole e armi varie utilizzate dai poliziotti.

 

All’incirca verso le 12.30 le sparatorie cessarono.

Qualche minuto più tardi arrivarono tre camionette dell’esercito e gli studenti che erano rimasti feriti a terra, vennero arrestati e fatti salire sulle loro camionette.

 

Piu tardi arrivo’ anche il Presidente della Commissione di Difesa dei Diritti Umani del Messico e dozzine di dirigenti sociali e di organizzazioni non governative. Inoltre arrivarono anche i genitori degli studenti.

 

Finalmente alle 14,30 riprese la circolazione dei veicoli su autostrada ma la persecuzione e gli arresti degli studenti non cessarono. I poliziotti continuarono a cercarli ovunque fino alle ore 16,00 circa.

 

Il generale Arreola venne intervistato subito dopo lo sgombero. Coperto di macchie di sangue in tutta la faccia commentò: ‘ Dovevamo sgombrare questa gente ma loro ci accolsero a colpi di pietre e con fuoco cosicché dovevamo difenderci in qualche modo’.

 

-Ma Signore …guardi…lì ci sono due giovani morti sulla strada – obbiettò il giornalista.

-Non lo sapevo, non so chi sparò, noi non portiamo armi –rispose il generale.

-E’ stato un ordine del governatore Angel Aguierre lo sgombero?

-Gli ordini del governatore erano quelli di mantenere la pace qui a Guerrero. Il personale della polizia l’unica cosa che porta con se è un’equipe di difesa ed è sempre disarmato completamente.

-Ma come si fa a ristabilire la pace con due studenti morti sulla strada?

-Ristabilire l’ordine e la pace significa sgomberare 800 studenti incappucciati che stavano bloccando il traffico. Noi dovevamo fare ordine!

 

Il giorno seguente venne indetta una manifestazione contro il governo messicano genocida e ammazza studenti.

 

La Federazione di Studenti Campesinos Socialistas del Messico condanna l’ assasinio di due studenti della Normale ‘ Isidro Burgos’ de Ayotzinapa a Guerrero che furono aggrediti il giorno 12 dicembre 2011 alle 12 durante una manifestazione iniziata con intenti pacifici e che esigeva un semplice colloquio con il governatore Aguierre Riviero.

 

Inoltre, oltre all’uccisione di questi due ragazzi, ci sono approssimativamente 5 feriti e 22 deportati e torturati. Questi ultimi non verranno rilasciati finchè non sveleranno il nome degli altri compagni coinvolti. E per concludere, un numero indefinito di scomparsi ormai già entrati nella lista dei DESAPARECIDOS!

Gli studenti denunciano le aggressioni e soprattutto le torture a cui sono sottoposti attualmente i loro compagni. Fanno un appello a tutto il mondo affinchè venga sparsa la notizia di centinaia di ragazzi scomparsi!

 

 

Le fotografie e i video pubblicati nelle le varie reti di comunicazione mostrano l’accanimento dell’aggressione avvenuta .Le immagini palesano chiaramente che a sparare furono le forze dell’ordine e che gli studenti ,assieme alle varie organizzazioni che appoggiavano la loro manifestazione, non portavano altre armi se non le loro idee e le loro richieste.

 

 

GLI STUDENTI CHIEDONO:

Una giusta punizione per gli assassini dei compagni uccisi

Libertà per i detenuti e una presentazione della lista dei desaparecidos

Rispetto per l’associazione studentesca e no alla chiusura della scuola

 

Gli studenti inoltre ripudiano il governo messicano genocida

Diciembre 2011

¡POR LA LIBERACIÓN DE LA JUVENTUD Y CLASE EXPLOTADA!

¡VENCEREMOS!

Federación de Estudiantes Campesinos Socialistas de México

 

 

 

16 dicembre 2011

Ulteriori notizie giungono dal Messico e sostengono che mercoledì mattina alcuni agenti della polizia raggiunsero la clinica del Isste dove erano ricoverati alcuni ragazzi.

Gli agenti volevano che i ragazzi confessassero di essere colpevoli di aver utilizzato armi durante la giornata di lunedì. Per farli parlare staccarono i macchinari a cui erano attaccati. Uno di loro , a causa della sospensione della cura, venne danneggiato e perse un rene. Le famiglie dei ragazzi hanno paura che gli agenti federali continuino ad intervenire nelle cure mediche e chiedono che si allontanino almeno dall’ospedale.

Inoltre , alle 12.00 circa di giovedì fecero ritorno due alunni considerati desaparecidos da mercoledi.

Le loro testimonianze sono strazianti. I ragazzi sono stati torturati e bendati durante tutto il tempo della cattura, informò Manuel Oliveras Hernandez.

Non dimentichiamo che ad oggi tanti altri ragazzi sono ancora scomparsi e sottoposti a tortura.

 

 

LA TRAGEDIA DELL’AVANSPETTACOLO

 

 

Vorrei partire dall’aporia che Giorgio Agamben individua nella analisi della Filosofia dell’hitlerismo di Lévinas[1] per riflettere su quanto è accaduto a Firenze, pochi giorni fa.

«L’eredità biologica è un destino – mostriamo di essere all’altezza di questo destino, in quanto consideriamo l’eredità biologica come un compito che ci è stato assegnato e che dobbiamo adempiere?»[2]

Agamben, a parziale commento del precedente passo del biologo e ideologo nazista Verschuer, sostiene che l’aporia del nazionalsocialismo risieda nella folle volontà di trasformare le condizioni fattuali dell’essere umano in un compito storico: la biologia è destino, per l’appunto.

Tale dispositivo biopolitico – l’assunzione della stessa vita biologica come compito politico supremo – è oggi superato? L’autore risponde negativamente alla domanda: «è probabile che il mondo in cui viviamo non sia ancora uscito da questa aporia».

Parlare di destino biologico di fronte all’omicidio di due lavoratori originari del Senegal può forse apparire fuorviante, ma è indubbio che allo stragista Casseri il colore nero della pelle – ricercata come merce di lusso in quel mercato ricco di tanti colori e profumi diversi – deve essere apparsa come la più odiosa delle eccezioni innaturali del suprematismo bianco al quale si onorava di appartenere.  Sebbene il militante fascista differisse per una schietta e tradizionale forma teorica dalle posizioni mimetiche di CasaPound, appare sempre più evidente la sua relazione politica con il partitino di Via Napoleone III.

Complicità, zone grigie, ambiguità e obliquità fanno da sfondo a una strage che vede imputate e imputati niente affatto contigui all’universo neofascista italiano, ma che continuano a gettare fango nel solco che divide la teoria fascista dalle analisi antifasciste.

Sono di poca importanza i nomi, come in uno schedario facile da dimenticare (passano i governi come passano i volti, una longeva notorietà è un traguardo che pochi-e possono vantare), mentre è essenziale rendere conto di dinamiche e appostamenti politici che ogni giorno contribuiscono a cucinare la minestra nella quale organizzazioni di destra radicale affondano il cucchiaio per nutrirsi e pascere sempre più grasse.

Da compagna e da femminista ho disertato la piazza delle nuove nazionaliste di SeNonOraQuando? principalmente perché ritenevo perfino eccedente il legame autoalimentante tra le parole d’ordine e la partecipazione da protagoniste di alcune fasciste di lunga carriera, in particolare del partito FLI.

Flavia Perina, una tra le promotrici di SNOQ e delle comizianti di piazza in febbraio e nel luglio senese, è stata tra le ideatrici, sul finire degli anni Settanta, della rivista fascista femminile Eowyn. Ha condiviso, assieme a Isabella Rauti (assente polemicamente al corteo, e mai tanto rimpianta dalla portavoce del Pd Concita De Gregorio), Annalisa Terranova e altre camerate, l’impegno militante e intellettuale di revisionismo storico per una lettura anti-femminista delle fasciste di Mussolini e della Rsi. L’obiettivo critico delle Eowyn e del Centro Studi Futura mirava a delineare la compiutezza del destino femminile grazie al regime fascista, l’unico ad aver saputo coniugare “la «donna muliebre», fiera della sua specificità ma capace anche di far propria un’etica dai tratti «virili», fondata su rigore, stoicismo, controllo di sé, eroismo e, ancora, «la donna cittadina», «piena di energia morale, d’orgoglio per la patria, di

disprezzo del pericolo, di culto dell’onore, dotata di una spiccata personalità, non chiusa nella casa, non affogata nella famiglia, che sappia sentire, in perfetta sincronia, all’insegna della solidarietà nazionale, l’amor di patria e l’amore della famiglia»”[3].

L’amor di patria e della famiglia erano senza dubbio le uniche preoccupazioni delle SNOQ, così come il patto generazionale tra figlie-madri-nonne-sorelle, il tutto all’insegna della riproduzione per la Patria, mentre invisibili gridavano dalle parole assenti le migranti e le immigrate – ovvero quelle che vengono e quelle che restano – assediate dentro mura spesse di luoghi concentrazionari chiamati Cie, vettori di razzismo di Stato difesi e sostenuti da improbabili alternative di governo. Dicevamo delle complicità e dei luoghi obliqui.

Ma non credo che il problema sia facilmente di chi quelle piazze e quei contenuti ha costruito, in un tentativo mal riuscito di lobbismo mercificato e di mercificazione del corpo delle donne come corpo della patria, per suggellare una nuova sintesi politica che persino le manovre pari-opportuniste di Monti sono riuscite a sprecare.

Si poteva e si doveva disertare quella piazza nazional-colonialista?

«Dovunque regni lo spettacolo, le uniche forze organizzate sono quelle che vogliono lo spettacolo. Perciò nessuna può essere nemica di ciò che esiste, né trasgredire l’omertà che investe tutto»[4].

L’appuntamento mediatico è stato costruito così accuratamente che molte hanno scelto di comprare il ruolo di “presenti criticamente”, così “sinistramente” abbandonato e vuoto, vendendo in cambio – di fatto – l’ennesima accettazione di un patto sociale di sdoganamento politico di fasciste amiche degli stragisti di ieri e di oggi.

In quell’ennesimo, brutto Spettacolo da varietà decadente gli ombrelli rossi sono sembrati solo abiti di scena, e la loro trasgressione – qualora l’avessero avuta – è parsa la medesima espressa dalla cocaina ben dosata da Ferida e Valenti sulle macerie fumanti della Repubblica Sociale.

Sono i contesti o i concetti a fare di un atto una rivolta? O occorrono abbinamenti un po’ più complicati di un ombrello quando non piove?

La minestra era indigesta, soprattutto perché in un siffatto mare il fascismo può calare le sue lenze e abilmente intossicarne le acque in vista di una ricca pescata.

Ma non è tutto. Qual è la portata di una resa semantica al nemico? Si è riuscite a comprendere la posta in gioco, in queste occasioni?

Lo Spettacolo va avanti, anche grazie al ruolo di comparsa che molte hanno scelto di giocare, in quelle occasioni, per paura di non esistere non essendo state presenti.

Io non mi preoccuperei troppo di questo, perché vive e presenti non lo sono state comunque. Non lo sono state nell’impedire con la loro presenza che le fasciste comiziassero dai palchi, né che lo facessero le altre con parole d’ordine biopolitiche, volte al controllo dei corpi delle donne e non certo alla loro liberazione.

Adesso abbiamo assistito ai cortei antirazzisti con bandiere e presenze di Stato che con una mano danno (la loro pelosa solidarietà e la cittadinanza ai “clandestini” ormai morti) e con l’altra tolgono (segregando corpi di donne e uomini migranti nei Cie).

Cortei schizoidi con parole d’ordine vuote come i risparmi delle lavoratrici e dei lavoratori, anche di quelli che ieri erano “abusivi”, oggi da morti ipocritamente “colleghi”.

Continua il flusso mediatico dello Spettacolo, che «isola sempre da ciò che mostra la cornice, il passato, le intenzioni, le conseguenze. Quindi è totalmente illogico. Dato che nessuno può più contraddirlo, lo spettacolo ha il diritto di contraddirsi da sé, di rettificare il suo passato. L’atteggiamento altero dei suoi servi quando devono portare a conoscenza una nuova versione, e forse ancor più falsa, di certi fatti, consiste nel correggere brutalmente l’ignoranza e le interpretazioni sbagliate attribuite al pubblico, mentre erano essi stessi che si affrettavano il giorno prima a diffondere quell’errore, con la loro abituale sicurezza. Così, l’insegnamento dello spettacolo e l’ignoranza degli spettatori passano indebitamente per fattori antagonistici, mentre in realtà si generano a vicenda»[5].

Solidarietà a tutte le vittime del razzismo.

 

Irène Hamoir.

 

[1] G. Agamben, Heidegger e il nazismo in La Potenza del Pensiero. Saggi  e conferenze, Ed. Biblioteca Neri Pozza 2010, pp. 329-40.

[2] O. Verschuer, Rassenhygiene als Wissenschaft und staatsaufgabe, Frankfurt am Main, Bechhold, 1943, p.8.

[3] Centro Studi Futura, Gli angeli e la rivoluzione. Squadriste, intellettuali, madri, contadine: immagini inedite del fascismo femminile, Ed. Settimo Sigillo, 1991, pp. 8-9.

[4] G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, Ed. SugarCo, 1990, pag. 27.

[5] Ivi, pp. 32-33.